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Hayashi – Nuovo inizio

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Hayashi – Nuovo inizio
Erano più o meno le diciassette e trenta quando suonò il citofono, s**ttò subito in piedi, pensava di essersi preparata mentalmente per quello che sapeva essere il loro ultimo incontro ed invece, in qualche modo, era agitata. Lasciò uscire un lungo respiro poi prese il ricevitore e chiese di rito
“Chi è?”
“Marco.”
lapidario ed ancora duro con lei
“Ti apro…”
“Potresti portarmi fuori la giacca?”
la interruppe bruscamente.
Si era arrivati a quel punto dunque, non voleva neanche più entrare in casa, come se fossero degli estranei. Inghiottì il rospo e rispose laconica
“Sì, arrivo.”
s**ttò il cancello pedonale e riagganciò. Andò in salotto dove aveva lasciato la giacca e prendendola in mano le arrivò il buon profumo che oramai riconosceva familiare. In cuor suo le dispiaceva enormemente che ben presto lo avrebbe dimenticato.
Uscì, lui aveva fatto solo un passo all’interno del cortile e la aspettava irrigidito, più si avvicinava e più ricordava che non era sempre stato così, che era stato dolce, galante, affettuoso e premuroso con lei, più di quello che il senso comune richiede.
Gli si fermò davanti e lo guardò in viso e come apparivano chiari quegli occhi verdi, lui stese la mano per ricevere indietro la sua giacca. Le dispiaceva immensamente vederlo così e titubante si lasciò scappare
“Mi spiace essere arrivati a questo punto…”
la guardò male, le sembrò con disprezzo poi le sorrise ironico
“Tranquilla, ho capito, non andrò in giro a dire quello che è successo!”
e facendo mezzo passo in avanti arrivò ad afferrare la giacca, lei però non gliela lasciò, anzi, la strinse con ancora più forza. Continuava a guardarlo in viso, si sentiva lacerare il petto e per questo non si sorprese nel sentire una lacrima calda correrle lungo la guancia. Serrò le labbra, non sapeva cosa fare, o cosa dire, ma vide una breccia in quell’atteggiamento da duro di Marco quando si accorse che stava piangendo e questo le fece ancora più male perché le confermava la sua impressione che fosse un bravo ragazzo.
Si guardarono intensamente senza che nessuno dei due dicesse nulla o si muovesse. Sentendo gli occhi gonfi di lacrime le lasciò uscire ed intervallata dai singhiozzi le accompagnò con delle grida appena trattenute
“Sono anni che Claudio è all’estero… e si sta facendo una vita là… Dopo venticinque anni di matrimonio… mio marito mi lascia… per una ragazzina! – le lacrime ormai scendevano copiose ed il suo viso era diventato una maschera di dolore rigata dal trucco sciolto – Ho un lavoro part-time… solo per non stare in casa tutto il giorno… e quando torno, la casa è vuota!… Faccio giardinaggio per non pensare… che tutte le mie amiche hanno una propria famiglia… a cui badare ed io… sono così SOLA!”
Non riusciva più a trattenersi, le lacrime, i pensieri, le parole, uscivano senza alcun ostacolo, lui la guardava intenerito, la stava afferrando dalle spalle, aveva le mani calde
“E… e… e quando poi incontro un ragazzo… gentile… premuroso… bello… che si prende cura di me mentre sono ubriaca… senza volersene approfittare… Mi odia!… Non mi vuole più vedere!”
“Signora, tutto bene?”
Una voce femminile che proveniva da dietro le spalle larghe di Marco, dall’altra parte della viuzza, da dietro la recinzione. Sapeva perfettamente di chi fosse. Si passò le mani sul viso nel tentativo vano di cancellare le tracce del suo pianto, assunse un’espressione vuota e poi guardando oltre il ragazzo
“Signora Maria, tutto bene grazie.”
accennò anche un sorriso ma non potendo resistere a lungo afferrò l’anta del cancello e la richiuse. Sentì una mano calda che le si poggiava tra le scapole, alzò gli occhi e la dolcezza sul viso di Marco la rassicurò. Si lasciò guidare placida lungo tutto il vialetto, le prese di mano la giacca, ma ora sapeva che non sarebbe fuggito via appena riavuta.
Si fermarono nel salotto, dalla schiena le fece scivolare la mano lungo tutto il braccio nudo, le prese delicatamente la mano, era così dolce, anche se fermo, sembrava pensieroso ma almeno non la guardava più in quel modo tremendo
“Era la mia vicina – sorrise – una vera impicciona…”
continuava a guardarla, in quel modo nuovo, o forse vecchio, qualcosa le ricordava l’espressione che aveva quando la stava riaccompagnando a casa dalla discoteca, si tirò fuori dalla tasca un fazzoletto e con estrema cautela le asciugò il viso
“Sono una vera stupida… dire tutte quelle cose e mettermi a piangere in quel modo – lo scrutava dal basso in alto, ma lui continuava il suo lavoro meticoloso – Non so cosa mi è preso, scusami…”
Si fermò e continuando ad avere una mano sulla sua guancia la guardò dolce
“Scusami tu – le disse con voce calda e profonda – quando mi hai detto che non venivi da tanto ho pensato che venerdì sera eri andata in discoteca ad ubriacarti solo per portati a letto qualcuno.”
Glielo disse direttamente, senza esitazioni, che solo quando finì di parlare si sentì le guance arrossate per il pudore di ciò che quella frase implicava, però la guardava ancora dolcemente
“Mi vergogno per la situazione in cui mi sono cacciata quella sera, ma mi sentivo così sola in casa che non resistevo più… Tutto il resto è colpa mia… sapevo di essere brilla ma ho continuato a bere per sentire la testa ancora più leggera.”
Le lacrime le si prepararono nuovamente agli angoli degli occhi ma lui le sorrise e le accarezzò il viso, sedendosi sul divano la trascinò con sé e rimasero vicini dato che la abbracciava forte
“Non dovevo saltare a conclusioni affrettate… è solo che ultimamente i rapporti mi sembrano soltanto l’unione di due persone: chi usa e chi viene usato… ed io non voglio ricadere in nessuna delle due categorie.”
Sembrava così triste mentre lo diceva, stava anche fissando un punto lontano per non correre il rischio di incrociare lo sguardo, era così fiero e gentile, gli poggiò una mano sul petto e poi anche la testa, lui sospirò e poi le accarezzò delicato i capelli. Il ritmo del cuore rallentava pian piano.
Era caldo ed il suo buon profumo era accogliente, pensava di averlo perso ed invece… Sollevandosi leggermente lo guardò negli occhi, sempre dolci e profondi, come piacevano a lei. Gli poggiò una mano sul viso, la guardava rapito, gli si avvicinò con le labbra, le dischiuse e lo baciò con amore. Le accarezzava la schiena, si sentiva bene premuta contro di lui, si staccò per guardarlo in viso. Così bello, così giovane, gli sorrise, le sorrise
“Non voglio usarti e non voglio che mi usi.”
gli sussurrò appena, le accarezzò il viso ed il leggero solletico la fece sorridere di nuovo
“Neanche io.”
le disse serio e sincero.
Gli aprì la camicia mentre lo guardava fisso negli occhi, la sua espressione non cambiava, anzi, la aiutò a sfilarsela una volta che i bottoni furono tutti aperti. Gli toccava il petto nudo e villoso, giovane e muscoloso, le piaceva quella sensazione ed a giudicare dal gonfiore al cavallo piaceva anche a lui.
Gli aprì i pantaloni e delicata alzò l’elastico dei boxer per far uscire il pene ormai quasi eretto. Era inginocchiata tra le sue gambe e quello era il posto più bello al mondo, prese l’asta e dolcemente tirò indietro il prepuzio. La guardava estasiato e voglioso ma le lasciava condurre le danze. Con dei piccoli baci a partire dalla base iniziò a portarlo alla sua massima durezza, lo sentiva crescere nel suo pugno sia in dimensione che in consistenza fino a quando non rimase in piedi da solo. Un magnifico pezzo di carne gonfio di desiderio… per lei. Ne assaporò la punta ed il gusto maschio la inebriò, ne voleva di più e facendo salire e scendere il viso, affondava ripetutamente il cazzo in bocca. Marco le aveva raccolto i capelli dalla faccia e tenendoli da parte la accompagnava nei movimenti mentre la guardava all’opera. Con una mano prese a massaggiargli i testicoli e lui lasciò uscire un mugolio di approvazione, lo leccava e lo succhiava con cura, voleva fargli sentire tutta la morbidezza e la forza della sua lingua e seppe di essere arrivata al punto che voleva quando reclinò la testa all’indietro facendo uscire un altro suono gutturale. Era bellissimo quando godeva.
La prese dalla nuca
“Vieni qui.”
e tirandola a sé con forza e delicatezza al tempo stesso la baciò ardentemente, amava quella passionalità ed il sentirsi desiderata quanto lei desiderava lui. Dopo alcuni tentativi per trovare la chiusura del vestito finalmente le abbassò la chiusura lampo e lei poté sfilarsi quella stoffa fiorata che sentiva come un peso. A cavalcioni su di lui si sentì prendere le tette e poi una miriade di baci le si abbatté sul seno lasciandola inerme quando raggiunse i capezzoli turgidi e sensibili. Glieli succhiò con forza provocandole una scossa di piacere. Tolse il reggiseno per lasciargli campo libero.
La leccava, la baciava, la stimolava con le dita, si sentiva completamente alla sua mercé, e questo le piaceva, come le piaceva sentire schiacciato sotto di sé il pene duro. La sorreggeva, la faceva sentire protetta e desiderata, si abbassò su di lui e sospirando le scappò di bocca
“Scopami…”
quando si accorse della sua lussuria pensò di aver rovinato tutto, ma la guardava con voglia, la baciò e poi i loro corpi si dovettero separare per un attimo per finire di spogliarsi, il più presto possibile e poi fu di nuovo sopra di lui ma stavolta, con più precisione, puntò l’asta dritta verso la figa e mentre si allargava lo sentiva entrare dentro. Si piegò di nuovo su di lui per baciarlo lentamente, alla stessa velocità con cui la stava penetrando.
Un cazzo perfetto, duro e caldo, si sentiva riempita, aiutandola con le mani sulle natiche iniziò a farla muover su e giù, si sentiva bagnatissima ed ogni affondo era sempre meno fastidioso.
Poi prese ogni percezione della realtà, le sembrava che il suo mondo fosse racchiuso tutto in quella stanza piena di gemiti, di un cazzo che sbatteva su una figa bagnata, di una forte sensazione di calore nel grembo ed una forte percezione di maschio sotto di lei che l’afferrava, la baciava, la stimolava ma soprattutto la scopava fino a darle alla testa. La sensazione era così forte che non sapeva neanche se quello fosse un lunghissimo orgasmo
“Vengo…”
Marco la avvertì, gli prese la testa tra le mani e mentre continuava a strusciargli il bacino contro
“Vienimi dentro!”
Lo guardò fisso in quegli occhi verdi, anche lui aveva il viso stravolto, un altro paio di affondi e lo sentì liberarsi dentro di lei. Non interruppero mai il contatto visivo, nonostante erano entrambi scossi dai brividi di piacere. Quattro, cinque schizzi, poi perse il conto, ma quando lo sentì esaurirsi lo baciò sulle labbra e gli si accasciò sopra stremata.

Potete trovare il seguito di questa storia e gli altri miei racconti sulla mia pagina de “I racconti di Milu”

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