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Viva la mamma!
Era il luglio più caldo di cui avessi memoria. Il sole picchiava inesorabile sull’asfalto bollente e l’afa toglieva il respiro.
Avevo appena finito gli esami di maturità e ancora non avevo trovato un lavoro; la mia ragazza mi aveva lasciato per uno stronzo con la Porsche e gli amici erano tutti in vacanza.
Depresso, avvilito e incazzato, stavo bene solo nella mia cameretta, con le persiane abbassate, dove passavo le giornate sdraiato sul letto a guardare film porno e ad ammazzarmi di seghe. Me ne tiravo anche quattro o cinque al giorno, spruzzando di proposito dappertutto in modo che mia madre trovasse le tracce delle mie sborrate.
Ero incazzato anche con lei, non potevo sopportare il fatto che avesse un amante con cui usciva quasi tutte le sere. In realtà era separata da mio padre da tantissimi anni ed era più che legittimo che lei avesse qualcuno, ma io morivo di gelosia al pensiero che quel bastardo la baciasse, le mettesse le mani addosso, si introducesse col suo coso dentro di lei.
Mia madre è bella, bellissima; ha il viso dolce ma, allo stesso tempo, a volte assume delle espressioni da vera maiala che mi fanno letteralmente impazzire di desiderio per lei; ha un bel corpo pieno da quarantenne, con grosse tette, gambe lunghe ed uno splendido culo, tondo e sodo.
Noi due abbiamo sempre avuto molta confidenza e lei sa di piacermi, ma non prende la cosa troppo sul serio; sa anche che mi sego pensando a lei, che annuso le sue mutandine usate e che, quando riesco, la spio mentre si lava o mentre si spoglia.
A volte si diverte pure a provocarmi e gira per casa con indosso solo qualche leggera vestaglietta che le lascia scoperto quasi tutto e ride divertita quando io le ronzo attorno come un moscone impazzito sbirciando nella sua scollatura o sotto la gonna.
Però ha un carattere assolutamente imprevedibile e certe volte si incazza se solo mi avvicino a lei; mentre altre volte, soprattutto la sera quando siamo seduti sul divano davanti alla tele, mi permette di accarezzarla e si lascia infilare le mani nella scollatura o sotto la gonna fino a quando non mi sono svuotato i coglioni, facendo finta di non accorgersi di quanto sta capitando.
Salvo poi, il giorno appresso, sgridarmi perché ha dovuto smacchiare i miei calzoni.
Quel luglio, dicevamo, ero depresso, avvilito e frustrato e lei finì per preoccuparsi della mia apatia, tanto che mollò un poco le difese e mi permise più spesso del solito di prendermi qualche libertà.
Non puoi passare le tue giornate a guardare film porno e a sfinirti di seghe, mi diceva, trovati un lavoro, cercati una ragazza.
Nel frattempo, però, si lasciava avvicinare senza problemi e quando io allungavo le mani mi lasciava fare lanciandomi uno sguardo affettuoso.
Ah, il mio bambino, mi diceva mentre faceva i piatti ed io, in piedi dietro di lei col cazzo duro che premeva contro i calzoni, infilavo le mani sotto il suo vestito per accarezzarle le cosce.
Perchè non ti trovi una ragazza invece di venire ad importunare tua madre? Però mi lasciava fare e non protestava quando, infoiato come una bestia, mi strofinavo contro di lei con una mano nella scollatura e l’altra sotto la gonna fino a quando non avevo goduto nei calzoni.
Vatti a cambiare, mi diceva allora, e metti la roba sporca nel cesto.
Certe sere, quando capiva che stavo male da tanto che ero arrapato, si lasciava perfino mettere le mani dentro le mutandine e sentivo che anche lei era tutta bagnata; soprattutto quando si accorgeva che ero prossimo a sborrare sentivo la sua bella figona calda farsi ancora più morbida e umida e qualche volta sentivo anche il suo respiro farsi più frequente e rumoroso.
Adesso durante il giorno non mi tiravo più seghe, ma aspettavo con ansia il suo ritorno a casa per potermi svuotare i coglioni; lei si era ormai rassegnata a questo stato di cose e mi permetteva sempre maggiori libertà, consentendomi di toccarla davvero dappertutto e di sfilarle le poppe dalla scollatura e di leccargliele fino a quando non fossi riuscito a sborrare.
Una sera in cui la vedevo particolarmente disponibile mi aprii la patta dei calzoni e feci per estrarre la mazza.
Che stai facendo? Mi domandò allarmata.
Sono stufo di sborrare nei calzoni, le dissi, vorrei farmi una bella sborrata davanti a te. Mi piacerebbe che tu mi guardassi mentre lancio i miei schizzi.
E sia, disse lei, ma solo per questa volta. Certo che sei proprio un bel porco. Dire queste cose a tua madre! Poi, però, scoppiò a ridere.
Vuoi che faccia io? Mi domandò infine.
Davvero lo faresti, domandai incredulo.
Solo per questa volta, però. Forza, tiralo fuori, vediamolo questo affare.
Accidenti, che bestia! La sentii esclamare dopo che lo ebbi fatto fuoriuscire dalla patta e lo vide ergersi, duro come il marmo, davanti a lei. Avevo intuito, quando ti strofinavi contro di me, che fosse grosso, ma non immaginavo un arnese del genere. E bravo il mio bambino! Ti ho fatto proprio bene!
A questo punto, aggiunse, facciamo le cose per bene, abbassati del tutto calzoni e mutande.
Adesso capisco il perchè di tutte quelle macchie, disse ancora guardando i miei coglioni, sei dotato davvero bene.
Confesso che ritrovarmi in quella posizione davanti a mia madre mi metteva in un certo imbarazzo, ma lei prese in mano la situazione, nel vero senso dell’espressione e, impugnata la fava, iniziò a tirarmi il più bel raspone della mia vita.
Avreste dovuto vederci. Eravamo in cucina, io in piedi coi calzoni e le mutande abbassati fino ai piedi, lei al mio fianco con la mano destra che scorreva sulla mia fava dura e dritta mentre con la sinistra mi massaggiava delicatamente i coglioni.
Slacciai la cintura del suo grembiulino che si aprì sul davanti, mostrandomi il suo bel corpo pieno e sodo; poi slacciai il gancio del reggiseno e glielo sfilai liberando le poppe, grosse, bianche, coi capezzoli larghi e induriti; infine le sfilai anche le mutandine e potei ammirare il pelo nero della figa.
Solo per questa volta, ricorda, mi ammonì.
Ok, feci io, tuffando il viso su quelle poppe e infilando le mani tra le sue cosce.
Purtroppo ero troppo arrapato per durare; glielo dissi.
Mamma, sto per sborrare, annunciai.
Lo vedo, piccolo, lo vedo, il tuo cazzo sta sbavando da fare paura; ho la mano piena di bava. Sborra, caro, sborra. Adesso la tua mamma ti fa fare una bella sborrata. Fatti una bella goduta, ne hai bisogno. Dio, senti com’è duro, e come pulsa; e quanto sbava! Devi averne proprio voglia, povero caro.
Eccola, mamma, eccola, la sento; sento la sborra che sale, la sento risalire dai coglioni, fammi sborrare, mamma, fammi sborrare.
E lei mi fece sborrare. Accidenti se mi fece sborrare! Buttai come un cavallo, lanciando schizzi lunghissimi e potentissimi, spessi e abbondanti come mai prima di allora.
Così, bravo, mi incitava lei, fai vedere alla tua mamma come sborri! Fammi vedere i tuoi schizzi! Dio quanto sborri! Non ho mai visto niente di simile! Ancora, ancora, buttane ancora, sporca dappertutto!
Ero impressionato io stesso dalla mia sborrata. Non avevo mai buttato tanta roba e con tanta violenza. Vedevo il mio cazzo lanciare schizzi per tutta la cucina mentre mia madre mi incitava a buttarne ancora, a svuotarmi per bene i coglioni.
Quando finalmente mi fui scaricato completamente ero sfinito e dovetti accasciarmi su una sedia mentre lei guardava meravigliata il casino che avevo fatto tutto intorno, per terra, contro il muro, sul tavolo da cucina. C’erano schizzi a tre o quattro metri di distanza.
Santo cielo, che sborrata! Esclamò infine lei ripulendosi su uno straccio le mani sporche! Mai vista una roba simile! Ma butti sempre così?
No; butto sempre parecchio, ma mai così. Questa è stata la più grossa sborrata della mia vita. Grazie, mamma.
Di nulla, caro. Ne avevi proprio bisogno e la tua mamma ha voluto farti piacere. Adesso vai a lavarti mentre io mi rivesto.
Mamma?
Dimmi.
Ti è dispiaciuto?
Ma no, figurati. Anzi, mi ha fatto piacere.
Davvero?
Davvero.
Mamma?
Si?
Eri tutta bagnata mentre mi segavi. E quando ho sborrato mi è sembrato quasi che stessi venendo anche tu.
Non dire sciocchezze. Ad ogni modo sono fatta di carne anch’io e maneggiare un bel cazzo non mi lascia di certo indifferente, anche se quel cazzo è di mio figlio. Inoltre, devo ammettere che assistere alla tua sborrata mi ha turbata e mi ha fatto venire voglia. Ma adesso, per fortuna, mi è già passata.
Non era vero, come seppi dopo, tanto che mentre io mi stavo lavando e rivestendo lei andò in camera sua a tirarsi un ditale.
Forse preoccupata dalla piega che avevano preso i nostri rapporti, nei giorni seguenti lei fu molto fredda e non mi permise neppure di avvicinarla.
Io invece smaniavo ogni giorno di più dalla voglia, ma mi segavo malvolentieri, sperando sempre che fosse lei a farmi nuovamente godere.
Finchè una sera, seduti sul divano davanti alla tele, fu lei a rompere il ghiaccio.
Come mi trovi? Mi domandò all’improvviso nel bel mezzo di un film d’azione.
In che senso?
Come donna.
Lo sai che ti trovo bellissima, che domande.
Non mi trovi vecchia e un po’ troppo in carne?
Che dici, mamma, sei uno schianto.
Dici davvero?
Aveva assunto un modo di fare civettuolo e nel suo viso era ricomparsa quell’aria da maiala che tanto mi faceva arrapare.
Ti è piaciuto l’altra sera, quando ti ho fatto godere?
Da morire, non ho mai goduto tanto.
Vorresti che lo rifacessimo?
Dici sul serio?
Certo. Sai, dopo sono dovuta andare in camera mia a toccarmi. Ero molto turbata.
Turbata o arrapata?
Scoppiò a ridere.
Diciamo arrapata. Ma non metterti strane idee in testa. Se vuoi ti faccio godere con la mano, ma niente di più.
Per me va benissimo! esclamai.
Allora spegni la tele e fatti più vicino. Se vuoi puoi toccarmi mentre ti sego.
Ti posso spogliare?
Puoi togliermi il vestito.
Rimase in reggiseno e mutandine. Sentivo il mio cazzo durissimo premere contro i calzoni. Feci per slacciarli, ma lei mi fermò.
Faccio io, se non ti dispiace.
Mi tolse i calzoni e mi sfilò le mutande liberando l’asta che si slanciò verso l’alto.
Leviamo anche questi ridicoli calzini, disse.
Lo sai che hai proprio un bel cazzo. Lungo e spesso il giusto e con una bella cappella, larga e con i bordi spessi, proprio come piace a me.
Impugnatolo a due mani, ne fece scorrere la pelle scoprendo la testa.
Senti com’è bello duro e come pulsa. Si agita come un cavallino imbizzarrito tra le mie mani. E senti i coglioni, sono belli gonfi, devono essere pieni.
Lo sono, mamma, lo sono. E’ da un po’ che non li svuoto.
Bene, piccolo, adesso ci pensa la tua mamma a svuotarteli per bene.
Mamma?
Dimmi, caro.
L’altra volta ti sei lasciata spogliare nuda.
Questa volta è meglio di no. Come ti ho già detto sono fatta di carne anch’io e non vorrei che facessimo qualche sciocchezza. Comunque, mi puoi toccare, puoi infilare le mani nel reggiseno e nelle mutandine. Prendere o lasciare.
Prendo.
Per fortuna la carne è più forte delle buone intenzioni e così, mentre lei faceva scorre la sua mano sulla mi fava rigida come un legno, riuscii piano piano a far sgusciare le poppe dal reggiseno e a farle scivolare le mutandine alle caviglie.
Fammi vedere un’altra bella sborrata, mi disse mentre allargava le cosce per permettermi di infilare le dita nella sua topa fradicia e mi offriva le poppe da baciare e leccare.
Certo che sei bravo a toccarmi, mi disse. Vai più dentro con le dita, senti come la fai bagnare la tua mamma.
Cosa stai cercando di fare adesso? Domandò allarmata mentre cercavo di infilarle un dito nel culo.
Ti faccio male?
No, continua pure.
Avevo il viso tra le sue poppe che leccavo e baciavo come un forsennato, con la destra le stavo sbattendo la passera, con la sinistra le stavo massaggiando il buco del culo e stavo per farmi un’altra colossale sborrata.
E’ questo il paradiso?
Piccolo mi stai facendo godere.
Anche tu mamma.
Lo sento, il tuo cazzo ha preso a sbavare. Però aspetta a sborrare, facciamolo durare un po’, così magari vengo anch’io.
Mi piacerebbe tanto farti godere, mamma. Potremmo venire insieme.
Ti piacerebbe sborrarmi addosso, sporcarmi tutta con la tua sborra?
Da morire. Posso?
Oh si! Mi puoi sborrare sul viso e sulle poppe, però aspetta ancora un attimo, io sto per venire e mi piacerebbe godere mentre mi annaffi tutta.
Come vuoi tu mamma. Allora fermati perché io sto per sborrare.
Tolse la mano dal mio cazzo e, mentre spalancava del tutto le cosce invitandomi a finirla vidi che prese a leccarsi la mano sporca della bava del mio cazzo.
Dio come sei bravo, come me la sbatti bene, infila di più il dito nel culo, mordimi i capezzoli e continua sditalinarmi la figa che sto per venire.
Ecco, io sono pronta, continua così, non ti fermare e dammi il cazzo. Voglio che tu faccia la più grossa sborrata della tua vita e che tu la faccia addosso a me. Voglio sentire i tuoi schizzi caldi.
Ora, ora, ora, stava quasi urlando mentre il suo corpo veniva scosso da un tremito pazzesco. La sborra, voglio la sborra, ne voglio tanta, dammela, dammela!
L’accontentai, eccome! Godemmo insieme, lei squassata da un orgasmo lunghissimo, io scaricandole addosso quantità industriali di sperma.
Dio come la feci godere! Dio come mi fece godere!
Sporcai, oltre a lei, anche tutto il salotto, ma ne valse la pena.
Abituato alle mie coetanee, non avevo contezza di quanto possa godere una vera donna. Mia madre me lo mostrò.
Mentre godeva offriva il viso alle bordate di sborra che il mio cazzo le scaricava addosso, spalancando la bocca per prenderne anche lì e intanto mi incitava a dargliene ancora.
Così, bravo, sporcala tutta la tua mamma, sporcala con la tua sborra calda! Fammi vedere come schizzi, dio come sei bravo! Ancora, ancora, buttala fuori tutta! Ahhh come godo, come godo!!
Accasciati entrambi sul divano, ci mettemmo un po’ a riprenderci.
Tutta sporca di sborra e con l’aria disfatta ma appagata, le poppe fuori dal reggiseno, le mutandine alle caviglie mia madre pareva ancora più bella.
Il mio cazzo era ancora durissimo e sentivo di avere ancora voglia.
Lei se ne accorse.
Non sei ancora sazio, vero? Vado a darmi una ripulita e te ne faccio fare un’altra.
No, la fermai, stai così. Mi piaci così.
Sei proprio un bel maiale!
E tu una bella maiala!
Come ti permetti?
Poi scoppiò a ridere.
Hai proprio ragione, mi disse.
Eravamo sempre sul divano. Lei, con la mia sborra che le colava dappertutto, volle spogliarmi completamente.
Sei proprio un bel ragazzo, mi disse squadrandomi dalla testa ai piedi.
Poi impugnò di nuovo la fava e si apprestò a tirarmi una seconda sega.
E’ quasi più duro di prima, notò, beata gioventù.
Mamma?
Dimmi caro.
Ti faresti leccare un po’?
In che senso, scusa?
Nel senso che mi piacerebbe leccarti tutta dalla testa ai piedi.
Ma sono ancora tutta sporca di sborra.
Chi se ne frega.
Sei davvero un bel maiale. Ti piacerebbe davvero tanto leccarmi?
Da morire.
Sena aggiungere parola si tolse quel poco che ancora indossava.
Come mi devo mettere, domandò.
Mettiti alla pecorina, così ti posso leccare il culo e la figa.
Va bene, caro, io ti faccio leccare il culo e la figa, ma tu mi prometti di non cercare di mettermelo. Promesso?
Promesso!
E così me la leccai tutta, dalla testa ai piedi, davanti e didietro, nel culo e nella figa.
Quando sentii che mi stava arrivando la seconda sborrata la feci mettere in posizione per poterla innaffiare per bene, ma prima provai ad offrirle la cappella da ciucciare che lei accettò ben volentieri.
Che altro aggiungere: viva la mamma!!