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Il bagnino

Il bagnino
Due estati fa andai in vacanza in Sardegna con i miei due figli e mia sorella con suo marito e sua figlia. Affittammo una casa al mare vicino a Cagliari in una nota località turistica, per privacy ne ometto il nome. La vacanza andava molto bene: i bimbi giocavano sempre bene tra loro e io e mia sorella andavamo come sempre d’accordo. La vita di mare, poi, è molto rilassante e non ci facevamo mancare niente. Quasi niente…..a me qualcosa mancava. A parte gli sguardi a volte troppo azzardati di mio cognato verso i miei bikini, a me una cosa, dopo una settimana mancava proprio. Ma non era cosa semplice: dovevo trovare qualcuno che mi piacesse e poi riuscire a liberarmi del seguito dei parenti e tentare di sedurlo….troppo difficile. Così continuai la vacanza rassegnandomi alla castità. Finché una mattina non decidemmo di cambiare spiaggia: lì vicino, dicevano, c’era una spiaggia più adatta ai bimbi: acqua bassa, tanta bella sabbia, servizi migliori e via dicendo, così ci andammo. In quella spiaggia c’erano anche i bagnini e tutti e due non erano niente male. Soprattutto uno mi piaceva molto: tipico ragazzo moro mediterraneo, bel fisico asciutto, capelli corti, occhi neri, sulla trentina. E nel pomeriggio mentre mi idrtavo con del latte solare notai che proprio lui mi stava guardando. Felice per essere stata notata, avevo capito che stava guardandomi le bocce, decisi di offrire al suo sguardo seducente anche il mio lato B: mi alzai per dirigermi verso il chiosco in cerca di un caffè. Feci due chiacchiere col barista e chiesi del bagnino, di quello moro, dando a intendere che mi piaceva: ero sicura che si conoscevano, certa che si sarebbero parlati, che gli sarebbero arrivato agli orecchi il mio interesse. Certo, probabilmente era già stra-fidanzato, ma non ho mai creduto sulla fedeltà degli uomini e quindi decisi di tentare sfacciatamente. La tattica portò, naturalmente, i suoi frutti. La mattina dopo, tanto per non tralsciare niente, mi presentai in spiaggia con un vestito corto attillatissimo e sotto un costume intero, ma molto sgambato e con una scollatura nettissima, tanto che dovevo fare attenzione che non mi uscissero le poppe di fuori. Mollai i bimbi a mia sorella e mi diressi subito dal mio amico barista. Volevo un caffé, mi ci voleva. Arrivata lì Giuseppe, il ragazzo del chiosco, mi disse: sta mattina è pagato! Grazie, risposi, sei molto gentile! Ma lui mi disse che me lo offriva il bagnino…..capii tutto, era chiaro che il mio interesse era almeno un po’ corrisposto. Dopo poco arrivò: doveva avermi vista lì al chiosco. Da vicino era ancora meglio: si presentò, si chiamava Giulio. Parlammo un po’ e io la buttai subito sulla noia che avevo visto che la sera non potevo uscire da sola visto che ero separata e senza marito e non mi andava di uscire da sola, nè tanto meno con mia sorella e mio cognato. Lui colse la palla al balzo e mi invitò, ma io dovetti declinare poiché non sapevo come giusitificarmi con quella bacchettona di mia sorella. Da lì in poi però gli sguardi di Giulio verso di me furono sempre più frequenti e io sentivo in quelle occhiate sempre più irriverenti le sue mani scorrere sul mio corpo. La mia voglia di lui saliva ora dopo ora, momento dopo momento, fino a che non mi ritrovai il tardo pomeriggio del giorno seguente, in una situazione favorevole. Dietro il chiosco c’erano delle cabine e lo vidi uscire da una di queste. Lo fermai subito: “Ah è qui che ti cambi? Avete le cabine più grandi voi!” Lui non perse tempo, riaprì la porta e senza che nessuno ci vedesse mi invitò a entrare: “La vuoi vedere? E’ molto confortevole” Io entrai, dentro c’era penombra, la luce filtrava dalle fessure tra le tavole di legno, in terra sabbia morbida, più avanti una bella panca abbastanza grande per stendersi un armadietto e un tavolo. I rumori del mare erano più ovattati. Lui mi prese da dietro cingendomi le spalle, mi abbracciò lasciando le mani scivolare sul mio corpo. Erano mani calde che mi fecero avvampare di calore. Ansimai per il piacere, cominciai a muovermi sinuosamente strusciando il mio culo sulla sua patta che si stava indurendo. Mi baciò il collo e mi strinse i seni con voluttà. Ora non si poteva più tornare indietro. Mi sssurrò a un orecchio: ” Dio, quanto sei bona! QUanto mi fai sangue!” Poi non disse più niente, mi fece mettere sul tavoloe mi aprì le cosce , mi scostò il costume e mi leccò la fica con un desiderio e un trasporto che mi fecero vibrare dal piacere. Si spogliò, avvicinò il suo membro eretto alla mia bocca e ce lo infilò. Nel frattempo guadagnò la mia vulva con due delle sue bellissime dita e comninciò a penetrarmi. Il suo cazzone affondava sempre di più nella mia gola e le sue dita si facevano strada dentro di me. Accelerò e io fui colta da un intenso orgasmo a cui fece seguito il suo nella mia bocca: un fiume di sperma che io accolsi con ingorda fame, ingoiai tutto e continuai a succhiarglielo finchè non si intostò nuovamente. Mi misi a pecorina appoggiata al tavolo pregandolo di fottermi senza pietà, lui non si fece pregare, mi sbattè con prepotente virilità. Io trattenni le grida mentre un nuovo orgasmo mi scuoteva. Le sue mani ovunque il suo membro che mi apriva la fica. Quando stava per scoppiare mi girai, mi misi in ginocchio per bere ancora il succo delle sue palle: tutto sulla mia lingua rovente, ancora un manipolo di potenti schizzi! Quanto era virile, maschio, potente!
Mi risistemai e cercai di uscire da lì senza che nessuno se ne accorgesse. Fortunatamente tutto andò liscio, mia sorella, soprattutto, non aveva capito niente. E non capì affatto il mio intento per il giorno seguente. La sera a cena, a casa, dissi che l’indomani pomeriggio non sarei andata al mare con loro perchè volevo andare in città a fare un po’ di shopping: potevo andare benissimo da sola, loro sarebbero andati come sempre al mare coi bimbi. L’indomani, infatti, era il giorno libero di Giulio e io volevo trascorrere con lui tutto il pomeriggio, a casa sua, nella comodità di un letto.
Arrivai a casa sua verso le 16. Lui fu meraviglioso, mi accolse con un lungo bacio, tanto lungo da sfilarmi il vestito e le mutandine: rimasi solo con le scarpe col tacco e una collana. “Oggi ti spacco il culo! E’ una settimana che me lo sbatti davanti tutti i giorni!!!” Io non chiedevo altro: “Spaccamelo come si fa con le troie!”. Si accomodò sul divano e io mi inginocchiai davanti a lui: l’antipasto era composto da una spagnola con pompino, tanto per gradire. Quando fu al massimo dell’erezione mi impalai sulla sua mazza sbattendogli le bocce in faccia. Le sue mani sul mio findoschiena a governare l’andamento e a impartire il ritmo. Il suo cazzo era una favola: duro, resistente, grosso al punto giusto, senza segni di cedimento. Cominciò a spingermi da sotto e a sussurrarmi parolacce all’oreccgio: mi sculaccio e mi infilò due dita in culo. Venni sconvolta da un orgasmo di quelli memorabili: le contrazioni della mia fica lo spinsero fuori da me mentre un getto spaventoso gli inondò la pancia e tutto il resto. Mentre mi dimenavo gridando lui mi prese mi sbattè su una poltrona, mi aprì le cosce e mi fece squirtare ancora infilandomi dentro quattro dita. Un’altra fontana di liquido lo indondò. Poi mi mise a pecora e dopo avermi lubrificato il buchetto posteriore ci entrò dentro. Mi inculò come io voglio essere inculata. Senza nessuna pietà: volevo quel cazzone nelle mie viscere da cima a fondo, volevo che ci sborrasse dentro. Così fu: le mie grida si facevano via via più forti fino a che non mi esplose dentro. Tutti i fiotti di sborra dentro al mio culo! Lui si accasciò, soddisfatto, sereno, svuotato, il mio culo slargato e farcito erano l’orgoglio della mia conquista estiva: un ragazzo bellissimo e un chiavatore davvero degno di nota! Io rimasi sulla poltrona ad ammirarlo mentre si rimetteva in piedi, con quel suo bel corpo statuario, abbronzato. Aprii le cosce e cominiai a masturbarmi: “Io non ne ho mai abbastanza!” Gli dissi e lui nel vedere quello spettacolo, la mia fica aperta, sgocciolante di umori, ancora rovente e la sua crema che pian piano usciva copiosa dal mio culo, si rimise in tiro e mi risaltò addosso. Ora l’avevo sopra e i suoi colpi erano come sempre, forti e sicuri, dati bene, da cima a fondo. “Ne hai ancora di sborra per la tua troia?” Lo guardai negli occhi mentre glielo chiedevo a capii che ne aveva ancora, eccome se ne aveva! Andò avanti un bel po’ a rompermi la fica e io persi il conto dei miei orgasmi. Lui, alla fine, uscì da me e si diresse verso la mia bocca: me la scopò con brutalità fino a riversarci dentro tutta la crema che gli restava nelle palle. Io ingoiai tutto quanto e ripulii tutto: neanche una goccia di quel ben di Dio gli rimase addosso…..Per quel pomeriggio fu abbastanza, anche se prima di concludere la vacanza riuscii ancora a farmi una trombata epica con lui e a strappargli qualche pompa furtiva nella sua cabina.

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